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19 Aprile 2022

LE ULCERE CUTANEE TRA MITO, STORIA E ATTUALITÀ

L’arte del curare le ferite

LE ULCERE CUTANEE TRA MITO, STORIA E ATTUALITÀ

L’arte del curare le ferite è una delle pratiche mediche più antiche della storia, inevitabile conseguenza di guerre e scontri insiti nella natura dell’uomo. Tale pratica, fino al secolo scorso, era molto più legata a stregoneria, magia, arte e filosofia, piuttosto che alla scienza. Dunque, essendo l’ulcera cutanea una patologia che accompagna il genere umano da oltre 2000 anni, è giusto l’attuale interesse attorno al tema della vulnologia (dal latino vulnus, ferita).

Troviamo tracce di tale patologia nel Vecchio Testamento, nel Libro dell’Esodo, nella Bibbia, nel Vangelo di Luca, nell’antico Egitto, dove alcuni papiri descrivono l’uso curativo del miele, e poi nel 500 a.C., periodo a cui risale un vaso che ritrae Achille che fascia il braccio ferito di Patroclo. Ippocrate nella sua opera “De Ulceribus”, per la prima volta ipotizza che vi sia un nesso tra le ulcere e le varici proponendo un rudimentale metodo elastocompressivo. Iniziano poi a comparire i primi strumenti chirurgici in ferro e bronzo che ritroviamo rappresentati in affreschi di Pompei risalenti al III sec. a.C.

La prima traccia di un approccio più strutturato alla cura delle ulcere è rappresentata da Arcagato, chirurgo di origine greca, che esercitava intorno al 219 a.C. a Roma dove era conosciuto con l’appellativo di “vulnarius o vulnerarius" (curatore di ferite). Fu accusato di usare un metodo troppo cruento e per questo fu ampiamente osteggiato: ci sono scritti di Plinio il Vecchio e Catone il Censore che parlano di un suo uso troppo disinvolto degli strumenti chirurgici e di un eccessivo ricorso alle amputazioni. Oggi ci rendiamo perfettamente conto che non esistendo all’epoca né antibiotici né sterilizzazione, molto facilmente le infezioni prendevano il sopravvento tanto da rendere indispensabili approcci demolitivi. Fino al 1000 d.C. le convinzioni religiose prevalsero sull’oggettività scientifica, e dunque le piaghe, per il loro carattere recidivo e l’aspetto particolarmente sgradevole, erano considerate punizioni divine o forme di espiazione per i propri peccati.

Finalmente, dal XVI secolo, iniziano a comparire le prime cure per le ulcere, frutto di studio e sperimentazione: Cesare Magati (1579-1647), all’Ospedale di Ferrara, introduce l'occlusione della ferita con più strati di medicazione per evitare l'infezione raccomandando medicazioni non frequenti, per favorire il processo naturale della cicatrizzazione. Ma è nel 1843, con Joseph Lister, che si inizia a ricorrere alla medicina piuttosto che alla chirurgia per la cura delle ferite. Lister ideò uno schema operatorio per prevenire la suppurazione e ne pubblicò i risultati sulla prestigiosa rivista The Lancet (Antiseptic Principle of the Practice of Surgery, 16-3-1867, articolo nel quale apparve per la prima volta il termine "antisepsi") (1).

Le ulcere cutaneeche sappiamo essere lesioni della cute con perdita di tessuto, interessano soprattutto gli anziani e i soggetti affetti da malattie vascolari e cute fragile.

                                                                     

Insufficienza venosa cronica, disturbi arteriosi, allettamento e diabete, sono tra le cause più frequenti. La sede maggiormente interessata è rappresentata dagli arti inferiori, dove la circolazione sanguigna è più difficile. Oggi è corretto definire tale patologia una malattia sociale”, infatti è stimato che 1,5-2 milioni di persone in Europa sia affetto da ulcere acute o croniche; tale diffusione è correlata all’innalzamento dell’età media nei paesi industrializzati, alle abitudini di vita (sedentarietà, alimentazione scorretta, fumo di sigaretta, inquinamento ambientale) che favoriscono la comparsa di disturbi circolatori, e alle patologie croniche che costringono all’immobilità. Dobbiamo inoltre considerare che le ferite chirurgiche, che in molti casi ritardano a guarire, creano i presupposti per ricoveri ospedalieri ripetuti e utilizzo di consistenti risorse da parte del SSN (3).

Un punto a cui deve essere prestata grande attenzione riguarda il fatto che il contesto clinico in cui si sviluppa la ferita risente oltre che di fattori fisici, come le patologie sottostanti, anche di aspetti psicologici e del setting sociale (2, 4). La complessità del quadro clinico si riflette inevitabilmente sulla qualità della vita sia del paziente sia dei familiari, causando spesso disagi nella quotidianità (5,6). Ansia, depressione, privazione del sonno e dolore, conducono questi pazienti verso una limitazione della vita sociale, l’isolamento e la perdita di fiducia in sé stessi.

Il più corretto approccio all’ulcera cutanea è dunque senz’altro quello multidisciplinare, che prevede una stretta collaborazione tra diverse figure di medici specialisti (dermatologo, infettivologo, chirurgo vascolare, diabetologo), personale infermieristico e psicologi, al fine di consentire un’adeguata risposta alle problematiche di carattere clinico e organizzativo-assistenziale.

Bibliografia

1. Ulcere Vascolari degli Arti Inferiori - Edizioni Minerva Medica, Torino 2016, Giorgio Guarnera 

2. Lower-extremity ulcers: diagnosis and management, Br J Dermatol, 2015 Aug;173(2):379-90. R S Kirsner A C Vivas 

3. Wound management for the 21st century: combining effectiveness and efficiency, Int Wound J, 2016 Jul;13 Suppl 2(Suppl 2):5-15. Christina Lindholm Richard Searle 

4. European Wound Management Association (EWMA). Documento di Posizionamento. Ferite di difficile guarigione: un approccio olistico. MEP Ldt 2008

5. Lo SF, Hayter M, Hu WY et al. Symptom burden and quality of life in patients with malignant fungating wounds. J Adv Nurs 2012 Jun;68(6):1312-21

6. Hareendran A, Bradbury A, Budd J et al Measuring the impact of venous leg ulcers on quality of life. J Wound Care 2005 Feb;14(2):53-7

 

Dott.ssa Valentina Carlomagno - Specialista in Dermatologia - Coordinatrice gruppo vulnologia ADECA